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Gesù e il centurione

Sintesi dell'incontro del primo venerdì del mese - 1 febbraio 2019
Tema:  “Gesù e il centurione” (Mt 8,5; Lc 7,1; Gv 4,46-5,3)
dalla relazione di Don Alessandro Giraudo

Il Vangelo ci ricorda tanti momentiin cui Gesù incontra le persone; tre evangelisti su quattro – Matteo, Luca e Giovanni –, ci ricordano Gesù e il centurione di Cafarnao.
Due evangelisti, Matteo e Luca, ci presentano questo centurione, un pagano, un militare che apparteneva all’esercito romano che occupava la Palestina; probabilmente era un proselito o, quanto meno, un simpatizzante della fede ebraica, ma è ancora considerato dagli ebrei un impuro, lontano da Dio; uno da non incontrare, con cui non avere nulla a che fare.
Per il Vangelo secondo Giovanni si tratta invece di un funzionario del re, che si reca da Cafarnao, dove abitava, fino a Cana, dove invece si trovava Gesù in quel momento.
Se il centurione, secondo Matteo e Luca, va da Gesù per chiedere la guarigione del servo a cui era particolarmente affezionato, questo funzionario del re, di cui scrive san Giovanni, invece, va da Gesù a chiedere la guarigione del figlio che è addirittura in pericolo di morte.
C’è ancora una piccola differenza; mentre Matteo ci dice che è lo stesso centurione che si rivolge a Gesù, che parla con lui direttamente e che chiede il dono della guarigione per il suo servo, per l’evangelista Luca sono alcuni anziani dei giudei che vanno da Gesù e si fanno intercessori, chiedendo a Gesù che si prenda a cuore la richiesta di quell’uomo che era stato generoso con loro perché li aveva aiutati nell’allestire la sinagoga di Cafarnao.
Una cosa che accomuna tutti e tre i racconti è che in questo miracolo che Gesù compie c’è una distanza tra Gesù e il miracolato. Gesù non tocca quel servo, Gesù non va a toccare quel figlio, non si reca da quel malato, ma è la sua Parola a guarire quel malato. Così in tutti e tre i racconti l’attenzione è proprio sulla fede di quell’uomo che si reca da Gesù; una fede che riguarda un uomo semplice, ma fiducioso.
Matteo e Luca ci riportano le parole di quel centurione che non si ritiene degno di ricevere la visita di Gesù, ma nello stesso tempo, quel centurione riconosce la potenza di Gesù sul male. “Signore, non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito” (Lc 7,7). Con quelle parole il centurione riconosce che il male è sottomesso al potere di Gesù e che il male può soltanto obbedire a una Parola forte che libera e che dà salvezza. Il centurione non ha bisogno di vedere, non ha bisogno di toccare, si fida.
Anche Giovanni sottolinea la fede di quell’uomo, il funzionario del re, una fede messa alla prova da Gesù, perché Gesù sembra rispondere duramente alla richiesta di aiuto, ma il funzionario del re insiste e chiede che Gesù possa scendere a casa sua, possa scendere a Cana fino a Cafarnao, dalla collina verso il mare, per guarire il figlio.
Di fronte a tanta insistenza, Gesù invita quell’uomo a partire:“Va’, tuo figlio vive”, ed è quello il momento della guarigione, anche se quel padre lo scoprirà solo il giorno dopo mentre è ancora in cammino verso casa.Possiamo immaginare come quel cammino sia stato un viaggio tormentato dalla paura di aver sbagliato a fidarsi, dal dubbio di aver fatto inutilmente tutta quella strada.
Che cosa ci dice, allora, l’incontro tra questo uomo e Gesù? Ci dice che è l’incontro tra chi attende un dono e un Dio che ci indica che nella fede in lui possiamo scoprire l’unico dono che guarisce e che salva.
Quando crediamo, siamo guariti e siamo salvi;è l’incontro tra chi è lontano e quasi si sente indegno di avvicinarsi a Gesù, ma scopre un Dio che vince ogni distanza, perché è un Dio che si è fatto vicino, è un Dio che con il dono della sua Parola viene ad abitare in ogni cuore, anche nei cuori più lontani, anche nel cuore di un pagano.
È l’incontro tra chi parte dal suo bisogno e incontra un Dio che lo invita a ritornare a casa, che lo invita a scoprire lungo la strada che davvero non siamo soli e che possiamo fidarci di lui, anche quando non lovediamo.«Va', e sia fatto secondo la tua fede» (Mt 8,13).Queste sonole parole che l’evangelista Matteo ci riporta con le quali Gesù accoglie la fede di quel centurione e guarisce il suo servo sofferente.Avvenga per te come hai creduto, non come hai chiesto, non come hai desiderato, ma come hai creduto.Sono parole che possiamo sentire rivolte a ciascuno di noinel cammino della nostra vita, oggi e sempre.
Come ci dice l’evangelista Luca possiamo, allora, anche noi farci intercessori gli uni per gli altri come quei giudei che vanno a supplicare Gesù, facendosi intercessori della fede, di chi abbiamo vicino e non tanto per ciò di cui abbiamo bisogno.Che bello sarebbe pregare il Signore dicendo: guarda che chi è accanto a me crede e ha bisogno di te.
Il Signore possa guarire gli occhi della nostra fede perché possiamo, non cercare segni e prodigi, come Gesù rimprovera nel Vangelo secondo Giovanni, ma possiamo ascoltare la Parola che ci salva e accogliere Colui che è venuto, che viene e che verrà ad abitare nel nostro cuore, nella nostra vita, nelle nostre sofferenze e fatiche e fidarci di lui.
Le parole del centurione sono le parole della fede, sono le parole con le qualinoi preghiamo ogni volta che accogliamo quel dono che il Signore rinnova per noi nel suo corpo, pane spezzato e pane di vita eterna.
Preghiamo quindi con fede: “Dì soltanto una parola, Signore, e io sarò guarito”. Amen.

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(Don Adriano)