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Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno - Parte 1

“Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34) - Parte 1

Solo Luca ricorda questa richiesta di perdono. La salvezza dell’umanità diventa realtà sulla croce di Gesù. Più che ai dettagli di cronaca, l’evangelista è attento ai messaggi teologici, che prevalgono sull’interesse storico. Per lui è importante evidenziare l’atteggiamento di Gesù in preghiera, e mettere in risalto l’invocazione al Padre per il perdono.
1. Il perdono, prima di tutto. Tra i “detti” della mistica musulmana Rabi’a, vissuta a Bassora (nel sud Iraq) nell’VIII sec., leggiamo. “Un giorno un uomo le disse: Ho commesso molti peccati e molte trasgressioni; ma se mi pento, Dio mi perdona? Rabi’a rispose: No, tu ti pentirai, se Dio ti perdona”. Il perdono viene prima della crocifissione, prima degli insulti al Signore, prima della sua morte. Il perdono viene prima di tutto. Non potremmo ascoltare il racconto della passione di Cristo, se non iniziassimo con il perdono. Prima ancora di peccare, siamo già perdonati. Non dobbiamo guadagnarci il perdono. Non dobbiamo neanche provare amarezza per i nostri peccati. Il perdono è là che ci attende, prima di tutto. Questo è lo scandalo del Vangelo. Non significa che Dio non prenda sul serio il male che abbiamo fatto e che facciamo. Dio non dimentica che abbiamo crocifisso suo Figlio. Il Venerdì Santo commemoriamo la passione e morte di Cristo e ricordiamo che l’umanità ha respinto, ha umiliato e ucciso il Figlio di Dio. È soltanto perché esiste il perdono che abbiamo il coraggio di ricordare il più terribile crimine commesso dagli uomini.
“Il perdono non significa che Dio dimentica il Venerdì Santo. Significa che il Padre fa risorgere il Figlio la Domenica di
Pasqua. Se il perdono significasse dimenticare, allora Dio soffrirebbe della più grave forma di amnesia, ma è l’inimmaginabile creatività di Dio che prende ciò che abbiamo fatto e lo rende fruttifero. L’immagine medievale del perdono era quella della fioritura della croce. La croce è il ripugnante segno della tortura. E’ il simbolo della capacità dell’uomo di respingere l’amore e di fare ciò che è totalmente sterile. Gli artisti del Medio Evo mostrarono la croce che fioriva la Domenica di Pasqua… Il perdono significa che la croce è il nostro nuovo Albero della Vita, da cui siamo invitati a prendere cibo. Il perdono è la creatività di Dio che irrompe e trasforma noi, la nostra abiezione e sterilità…” (Timothy Radcliffe o.p., Le sette parole di Gesù in croce, San Paolo, 2006).

padre Domenico Marsaglia

 

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