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La preghiera di Maria (parte 3)

Struttura del “Magnificat”
Leggendo con attenzione il canto di Maria, vediamo che incomincia con il soggetto «io»: “l’anima mia… il mio spirito…”. All’inizio è lei stessa al centro: la sua esperienza, la sua gioia, il suo scoppio emotivo. Subito dopo, però, il soggetto cambia: “il mio spirito esulta in Dio, perché Lui, e da qui in poi il soggetto è sempre Dio, ha guardato con favore l’umile condizione (tapeinosis
= la piccolezza, lo scarso valore) della sua serva… grandi cose ha fatto... la sua misericordia si estende... ha spiegato la potenza... ha disperso i superbi... ha rovesciato i potenti, ha innalzato gli umili… ecc.
La struttura del canto, quindi, parte dall’esperienza personale. Maria canta ciò che le sta dentro: “io glorifico Dio, io esulto”, per passare subito a descrivere ciò che Dio fa. C’è una perfetta fusione tra l’aspetto soggettivo, personale, l’esperienza immediata della persona che prega, e il passaggio alla contemplazione dell’opera di Dio, nella quale la persona si sente inserita. Anche in seguito Maria parla di sé, però tutto è contemplazione di se stessa nel piano di Dio, nel grande mistero in cui ormai si sente inserita.
E’ questo il primo significato. La preghiera di Maria diventa un commento al grande evento divino che si sta compiendo: ne spiega il significato profondo e indica come accoglierlo. Come tutte le “vere” preghiere, il Magnificat non è, prima di tutto, parola di risposta che sale dall’uomo a Dio, parola di ringraziamento e di lode, ma è parola che discende da Dio all’uomo: è parola rivelatrice di Dio, amante dell’uomo.
È nella preghiera che Dio c i fa comprendere chi è lui per noi, e chi siamo noi per lui.
C’è un secondo tratto molto interessante. La preghiera di Maria passa dal singolare al plurale, dal caso personale alla comunità e all’intera storia della salvezza. Nelle prime espressioni, Maria parla di ciò che Dio ha compiuto in lei: «Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente», poi parla di ciò che Dio compie in tutti: «la sua misericordia per quelli che lo temono». Questo passaggio dal singolare al plurale è una direttiva costante di ogni autentica preghiera: il caso personale diventa luogo in cui si percepisce lo stile costante dell’agire di Dio verso tutti. L’esperienza personale si apre sulla comunità, e la comunità rivive nell’esperienza personale.

padre Domenico Marsaglia

 

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