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La preghiera di Simeone (parte 1)

Premessa. La preghiera di Simeone comincia con la stessa parola iniziale del racconto:
«Ora a Gerusalemme c’era un uomo... Ora puoi lasciare, o Signore...». «Ora», adesso, in questo momento. Simeone parte da una esperienza del presente, da ciò che vi- ve. Questo vale anche per noi. Ciò che «ora» viviamo è il punto di partenza di ogni nostra preghiera.
«Ora», esprime nella Bibbia il momento nel quale Dio si manifesta. «Ora», adesso, oggi, in questo momento, Dio vuole manifestarsi nella nostra vita, malgrado tutto, proprio attraverso le oscurità che attraversano la nostra esperienza.
È il medesimo significato teologico del termine «oggi» presente più volte nei vangeli, (per esempio: Lc 2,11; 19,5.9; 23,43). E’ una parola importante che supera il significato cronologico. “Oggi” è ogni giorno, l’oggi in cui si incarna il mistero di Dio che viene a salvare l’uomo. Oggi la salvezza si compie, nella casa e nella vita di ogni uomo.

I personaggi principali (in ordine di citazione nel testo)

  1. Simeone. Non è un sacerdote, anzi è un estraneo al servizio del Tempio, che sta per interpretare il ruolo di sacerdote-profeta. E’ un “laico”, “uomo giusto e pio”, due nomi che normalmente definiscono il “santo” dell’Antico Testamento. Per tradizione si presume fosse vecchio. La sua qualifica: vive nell’attesa e nell’ardente desiderio di vedere il Messia e il compimento della profezia delle settanta settimane, quando Dio verrà a salvare il suo popolo una volta per tutte (cfr Is capp. 40-55, il libro della consolazione).
    E’ anche l’uomo della speranza incrollabile, custodita e difesa da ogni smarrimento e sfiducia. In questa speranza lo Spirito Santo lo ha sorretto per tanto tempo, mormorandogli nel segreto del cuore “che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore”. Ora vive tutta una dinamica di attesa e di ricerca, e, come ultima sentinella dell’antica alleanza, aspetta l’alba dei tempi messianici. Luca definisce Simeone con un participio presente, «aspettante», «colui che aspetta» (Lc 2,25): indica una situazione costante, non il desiderio di un momento. E’ l’atteggiamento abituale di chi aspetta un ospite caro e si prepara ad accoglierlo in modo dignitoso e signorile.
  2. Lo Spirito Santo. Oltre che giusto e timorato di Dio, Simeone gode di una grazia unica da parte dello Spirito Santo, qui nominato tre volte (Lc 2,25.26.27). E’ colui che aspetta, ascolta, osserva, si lascia guidare e muovere dallo Spirito, ed è ancora lo Spirito Santo che ha suscitato e custodito in lui l’attesa del Messia, conservata salda fino alla fine. Non solo: è sempre lo Spirito che offre a Simeone la chiaroveggenza necessaria per riconoscere il Messia in un bambino. Senza lo Spirito non si riconosce la presenza di Dio.
  3. Gesù e sua madre. Il riconoscimento di Gesù si fa esplicito nelle parole profetiche rivolte alla madre. Simeone intravede una prospettiva, collegata alla sorte di quel bambino, e la esprime nelle parole rivolte a “Maria, sua madre”, qui personalmente indicata con il nome proprio. Il bambino sarà un «segno di contraddizione». E’ la luce del mondo, ma una luce contrastata: sarà cercato e rifiutato, amato e crocifisso, sconfitto e vittorioso. Il Figlio di Dio, amato dal Padre, non sarà sottratto alla contraddizione, alla sofferenza e al rifiuto, ma condividerà la sorte di tutti coloro che amano la verità e la attestano.
    Simeone prevede il destino doloroso del Figlio attraverso il dolore della madre: Maria sarà associata al destino del Figlio (invito rivolto anche a tutta la Chiesa e a ogni credente).
    «Anche a te una spada trafiggerà l’anima». Isaia ha usato la stessa espressione per profetizzare il destino del Servo di Jawhè: «Egli è stato trafitto per le nostre colpe» (Is 53,5). Simeone la applica anche alla madre. Maria avrà lo stesso dolore del Figlio, ma nell’anima. Il dolore di Maria è il medesimo dolore del Cristo: una stessa Croce condivisa da entrambi. La “consegna” del Figlio alla passione e morte, sarà anche la sua consegna.

Padre Domenico Marsaglia

 

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