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Liberaci dal male. Amen

Sintesi dell'incontro del primo venerdì del mese - 1 giugno 2018
Tema: “Liberaci dal male. Amen”
Dall’insegnamento di don Roberto Repole– Preside della Facoltà Teologica di Torino

Non potremmo comprendere nessuna delle invocazioni che facciamo nel Padre Nostro, dalla prima a quest’ultima, senza ricordare che questa preghiera ci è stata insegnata da Gesù.
Attraverso queste invocazioni, anche l’ultima, “liberaci dal male”, Gesù ci fa partecipi in modo intimo e profondo della sua vita, della sua preghiera, potremmo dire, di lui che tutto ciò che è stato, ha fatto, ha detto è una continua incessante preghiera, una invocazione al Padre.
Infatti, guardando a Lui, guardando alla sua vita, alle sue parole, noi sappiamo molto bene che c’è stato un fuoco che ha interessato profondamente e unicamente Gesù, nelle cose che ha detto e che ha fatto.Questo fuoco è il Regno di Dio, un Dio, un Padre che ha un unico volere, un’unica volontà cioè il bene del suo figlio Gesù e, attraverso di lui, il bene di tutti i suoi figli, di ognuno di noi e di tutti noi.
Dio è Padre che vuole un’unica cosa: il nostro bene e che noi stiamo bene.
Molto spesso noi pensiamo che Dio abbia due volontà, una volontà di bene e una volontà di male, una volontà di salvezza e una volontà di dannazione; voglia che qualcuno stia nel bene e si salvi, e voglia che qualcun altro invece stia nel male e si condanni.
Gesù ci ha detto che Dio è Padre e che ha un’unica continua ed ininterrotta volontà, cioè il bene dei suoi figli e la nostra salvezza. Per questo Gesù ci ha manifestato questo Dio, questo Padre che, interviene con la parola, con la vita, con le sue azioni in tutto ciò che è male perché ci sia una liberazione dal male. Se noi leggiamo il Vangelo, scopriamo che Gesù non è mai entrato a patti con il male, cioè il peccato.
Gesù è intervenuto con l’unica intenzionedi liberare dal male le persone che incontrava e lo ha fatto fino alla fine, lasciandosi toccare da questo male, lasciandosi commuovere da questo male fino alla croce.Risorgendo ha dimostrato che l’uomo deve essere liberato dal male, ed è per questo che ci ha consegnato questa preghiera. È qui che sta il senso di quest’ultima invocazione che facciamo a Dio Padre recitando il Padre Nostro, “liberaci dal male”.
Ci sarebbe già molto da riflettere su questo, perché quando noi preghiamo così, stiamo dicendo che questo male certamente non viene da Dio.La prima grande cosa e il primo grande insegnamento che dobbiamo raccogliere da questa invocazione, “liberaci dal male”, è questa: “non sei tu, Padre, che ci mandi il male, perché il male non ti appartiene, perché tu vuoi il nostro bene, la nostra felicità e la nostra salvezza. Per questo noi preghiamo, “liberaci dal male, perché tu sei più forte del male, ma il male, sicuramente, non viene da te”.
Noi preghiamo “Padre”, non “liberami” dal male, ma “liberaci” dal male, tutti, tutti noi che siamo qui questa sera, tutti noi che siamo colpiti dal male e che abitiamo in questa grande città di Torino; tutti noi che siamo sotto la forza del male e che abitiamo in questa grande nazione che è l’Italia, tutti noi che, semplicemente, siamo donne e uomini.
Quando preghiamo: “liberaci dal male”, lo facciamo per diventare capaci nella nostra vita a vedere il male là dove si annida, in qualunque posto si annidi, e per diventare, potremmo dire così, noi stessi liberatori rispetto al male.
Non si può pregare il Padre Nostro e poi rimanere come prima, perché poi, dopo la preghiera, uscendo dalla preghiera, per quello che possiamo, riconosciamo e vediamo il male, vediamo le sorelle e i fratelli colpiti dal male.
Preghiamo perché uscendo dalla preghiera diventiamo capaci della stessa compassione che ha avuto Gesù rispetto alle donne e agli uomini colpiti dal male. Soltanto la preghiera ci fa capaci della compassione, cioè di quel sentimento che ci fa scoprire che quello che sta vivendo il fratello o la sorella, è come se fosse mia e allora non posso essere indifferente rispetto al suo male.
Preghiamo e usciamo dalla preghiera per fare di tutto, tutto quello che è nelle nostre possibilità per alleviare e liberare le donne e gli uomini che incontriamo dal male da cui sono attanagliati. Allora la preghiera diventa una scuola di umanità; quando preghiamo, “liberaci dal male” lo facciamo per avere degli occhi che sappiano vedere il male.
Quante volte passiamo nelle vie delle nostre città e non sappiamo neppure vedere la sofferenza negli occhi della sorella o del fratello; a volte siamo così succubi del male che ciascuno di noi vive incapace di vedere il male degli altri.
Invece noi preghiamo per acquistare degli occhi nuovi, preghiamo “liberaci dal male”, per acquistare un cuore nuovo, direbbe il profeta, non un cuore di pietra, ma un cuore di carne, che sa commuoversi come ha fatto Gesù di fronte al male delle sorelle e dei fratelli.
Preghiamo perché la preghiera ci porti anche delle mani nuove capaci di operare non per fare il male, non per addossare sulle nostre sorelle e sui nostri fratelli ulteriori mali, ma delle mani che sanno sollevare le sorelle e i fratelli.
Poi concludiamo questa preghiera con quella parola bellissima, semplice e piccola, AMEN.
Amen vuol dire “sia davvero così”, vuol dire “io mi fido di te, Padre che vuoi il nostro bene, che non hai voluto il male, che quando agisci nella nostra vita lo fai con un’unica intenzione di debellare il male in me, negli altri, in tutta l’umanità. Amen”.

 

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