Il cieco nato
Sintesi dell'incontro del primo venerdì del mese - 4 gennaio 2019
Tema: “Il cieco nato” (Gv 9,1-41)
Dalla relazione di don Paolo Ripa di Meana SdB
Nel racconto del Vangelo di Giovanni relativo al “cieco nato” (Gv 9,1-41), ci sono tanti piccoli particolari attraverso i quali l'evangelista ci aiuta a immedesimarci in quel cieco, in quell'uomo che incontra il Signore Gesù. Così, Giovanni ci invita a verificare alcuni passi del nostro cammino di fede.
Gesù "passando vide un uomo cieco dalla nascita"; si tratta di una cecità, che è un'incapacità radicale a vedere che è, da sempre, di quell'uomo. Giovanni, attraverso quel cieco, vuole indicarci la situazione di ognuno di noi. Non è tanto una cecità fisica quella che a Giovanni interessa sottolineare, ma è quella impotenza radicale di ogni uomo se non si incontra con la luce che è Cristo, luce del mondo.
Senza Cristo ogni uomo è cieco, non ha bisogno solo di una guarigione, ma ha bisogno di un intervento potente di Dio. Questo ci dà anche il senso del peccato che è la presunzione di vedere e di pretendere di fare a meno di Dio; la presunzione di chi dice: "Non ho bisogno della luce, ci vedo già!".
Ci sono due tipi di ciechi in questo brano evangelico: c'è il cieco fin dalla nascita che accetta l'incontro con Gesù e guarisce; poi ci sono i farisei e i giudei che pretendono di vedere senza l’aiuto di Dio e, questo rifiuto è il vero peccato.
I genitori di quest'uomo non testimoniano la guarigione del loro figlio, ma rispondono ai capi giudei di rivolgersi direttamente a lui giustificandosi che è abbastanza adulto. Con questa risposta i genitori dimostrano di avere paura dei giudei, non vogliono compromettersi. Anche questo è rifiutare la Luce.
Tante volte anche noi rinunciamo a quelle possibilità di testimonianza che abbiamo nelle nostre comunità, abbiamo paura di rendere testimonianza alla Luce e di dimostrarci cristiani fino in fondo!
I Sacramenti dell'iniziazione cristiana - il battesimo, la cresima, l'eucarestia - hanno iniziato in noi il cammino verso l'età adulta di cui parlano i genitori del cieco nato. Soprattutto agli inizi del cristianesimo lo Spirito Santo ha spinto questo coraggio di testimonianza fino al dono supremo della vita.
In tutti i battezzati opera la forza santificatrice dello Spirito Santo che spinge ad evangelizzare (Evangelii Gaudium 119).
Questa maturità cristiana non è riservata solo ai preti, alle suore e a quelli che chiamiamo "i cristiani impegnati", ma il compito di far conoscere la Luce che è Gesù tocca a tutti noi, Concentriamo ora la nostra attenzione sulla guarigione di quest'uomo e in modo particolare sui gesti di Gesù nel guarire il cieco nato.
Il Vangelo dona un'importanza particolare ai gesti. Al versetto 6 abbiamo il racconto della guarigione: "Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: Va' a lavarti nella piscina di Siloe, che significa inviato, quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva". Poi, quando i farisei gli chiedono: "Come mai ti sono stati aperti gli occhi?", l'uomo guarito risponde: "Quell'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: Va' a Siloe e lavati! lo sono andato e dopo essermi lavato ho acquistato la vista".
Il primo gesto è quello di fare del fango con la propria saliva che, mentalità orientale antica, era il simbolo della vita. Ricordiamo il fango anche nel racconto della creazione dell'uomo: "Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo (fango) e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente" (Gen. 2,7).
Questo fango, così impastato, Gesù lo spalma sugli occhi del cieco, tocca la parte malata, lo raggiunge proprio là dove ha bisogno di essere salvato, in quegli occhi che non possono vedere la luce. Giovanni dice: "Gesù, con il suo fango, unse gli occhi del cieco ...".
Ci viene anche spiegato che cosa fa lo Spirito di Gesù nel battesimo. Non dobbiamo dimenticare che quel verbo "spalmare col fango", in greco, è il verbo "crio" da cui deriva la parola "Cristòs", il Cristo, l'Unto cioè il consacrato dal Padre. Lo Spirito ci rende simili a Cristo, riproduce in noi l'immagine del Figlio di Dio. È ciò che dice San Paolo nella Lettera ai Romani (8,29): "Quelli che Egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo".
Siamo chiamati a questa somiglianza con Cristo: ecco il senso del gesto di Gesù che spalma con il fango gli occhi del cieco nato.
Gesù rivolge a quest'uomo anche un altro invito: "Va' a lavarti alla piscina...". Vedete che il senso battesimale di questo brano è fortissimo. Ma Giovanni non si accontenta, ci dice anche il nome della piscina: "Va' a lavarti alla piscina di Siloe" e ne dà anche la traduzione, "Siloe significa l’inviato" cioè il Cristo. È come se Gesù dicesse: "Vai a lavarti nella mia piscina" - ecco il riferimento al battesimo! - "Va' a lavarti nelle acque del Battesimo, vai a lavarti a purificarti in me".
È l'offerta della sua amicizia, un 'amicizia che può, solo che lo vogliamo, accompagnare e rendere bella tutta la nostra vita, anche nelle difficoltà, anche nella sofferenza. Un'amicizia che si esprime con la preghiera, che ritrova forza nell'eucarestia, che ci rende persone buone, che sanno donare se stesse, che perdonano, che crescono ogni giorno nell'amore.
Un altro invito ci viene dal brano di Vangelo ascoltato: aprirci alla fede e all'amicizia con Gesù.
Ai Farisei, che lo rimproverano il cieco, ormai guarito, dice queste parole: "Non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
Quando Gesù lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell'uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!».
Rinnoviamo anche noi la fede del nostro battesimo e diciamogli, ogni giorno: "Credo, Signore!".
A cura di MM