Rimanete nel mio amore
"Rimanete nel mio amore"(Gv 15,9b)
Mai come nel tempo in cui viviamo ci sentiamo così poveri di amore. Senza l’amore di Dio l'uomo si sente veramente povero, incapace di vivere per amare e di amare per gustare la gioia di vivere.
La nostra vita deve essere espressione dell'amore di Dio che sempre dona perché ama. Certo che non è facile comprendere quanto sia difficile rinunciare a qualcosa per servire coloro che ci vivono a fianco; quanto sia arduo non preoccuparci per il nostro corpo e per le nostre stanchezze, non smarrirci nelle nostre inutilità e non dare troppo spazio alle nostre ragioni umane. Ma guai a noi se ci arrendessimo; la tentazione a volte è forte.
Noi dobbiamo diventare testimoni delle nostre miserie, dei nostri sacrifici, dei desideri irrealizzati, delle amarezze accumulate, delle difficoltà e di quanto ci costa servire per amare. Dobbiamo testimoniare la Carità di Dio, dell'amore di Cristo Gesù e dell'opera meravigliosa dello Spirito Santo, sempre in atto nel cuore dell'umanità, che procede senza di noi, che ci precede e sempre ci supera.
Sì, la gloria di Dio deve primeggiare nel nostro vivere, nel nostro operare la Carità di Cristo Gesù, e non il successo degli uomini. Pertanto Gesù ci dice: «Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore» (Gv 15,9b). Se ascoltiamo la Parola di Dio la nostra vita diventa una partecipazione alla Carità di Cristo, al suo amore per il Padre e per i fratelli; un amore dimentico di sé. Pertanto l'amore di Cristo, diffuso nei nostri cuori, ci spinge ad amare i fratelli e le sorelle fino ad assumerci le loro debolezze, i loro problemi, le loro difficoltà e le loro povertà. In una parola, fino a donare il meglio di noi stessi. Se il “pieno compimento della legge è l'amore” (cfr Rm 13,10), noi guardiamo al Cristo come al modello supremo da imitare e vivere in noi sotto l'azione potente dello Spirito Santo, come scrive San Paolo agli Efesini: «Fatevi unque imitatori di Dio quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore» (Ef 5,1-2).
Sant'Agostino stupendamente dice: «Dammi te stesso, Dio mio, restituiscimi te stesso. Io ti amo. E così è poco; fammi amare più forte. Non posso misurare, per sapere quanto manca al mio amore perché basti a spingere la mia vita tra le tue braccia, e di là non toglierla finché ripari al riparo del tuo volto. So questo soltanto: che, tranne te, per me tutto è male, non solo fuori di me, ma anche in me stesso, e che ogni mia ricchezza, se non è il mio Dio, è povertà». La nostra vocazione di uomini e donne deve essere un segno vivente del primato dell'amore di Dio che incessantemente opera le sue meraviglie, e dell'amore verso Dio in Cristo Gesù nello Spirito Santo, verso i fratelli: come è stato manifestato, insegnato e praticato da Gesù Cristo. Nel libro del Siracide leggiamo: «Figlio, non rifiutare il sostentamento al povero, non essere insensibile allo sguardo dei bisognosi. Non rattristare un affamato, non esasperare un uomo già in difficoltà. Non turbare un cuore esasperato, non negare un dono al bisognoso. Non respingere la supplica di un povero, non distogliere lo sguardo dall'indigente. Da chi ti chiede, non distogliere lo sguardo, non offrire a nessuno l'occasione di maledirti» (Sir 4,1-5).
Maria, la benedetta fra tutte le donne, ti accompagni con il suo cuore materno in questo cammino di fede, di speranza e di operosità nella carità.
don Adriano