Lettera ai volontari - In comunione di vita per servire il Signore con gioia
Settembre 2009
Carissimi volontarie e volontari del Cenacolo Eucaristico della Trasfigurazione,
sì, vogliamo servire con gioia il Signore! La prima e più importante testimonianza di volontariato che possiamo dare al mondo attuale, chiuso sempre di più nell’egoismo, nell’egocentrismo, nel consumismo sfrenato, avulso dai grandi e inquietanti problemi che attanagliano l’intera umanità, è quella di vivere l’unità dei cuori, voluta da Gesù, chiamati a donare e servire per amare.
Tenete sempre ben presente che questa comunione di vita, di reciproco aiuto, di generosità nel servire è vincolo di carità che unisce tra di loro tutti i membri dello stesso corpo di Cristo, e il corpo con il suo capo; certi che non manca mai la presenza vivificante e operante dello Spirito Santo. È Lui la forza del volontariato del Cenacolo Eucaristico della Trasfigurazione; è Lui che lo sostiene e lo rilancia quando l’entusiasmo potrebbe venire meno; è Lui che lo rigenera a vita nuova; è Lui che lo fa ardere con il fuoco della carità, della compassione, della bontà, della pazienza e della benevolenza; è Lui che lo spinge a servire, con amore e tenerezza, i suoi poveri, gli ammalati, gli sfiduciati, gli emarginati e gli indigenti.
San Paolo stupendamente, in merito, dice a tutti noi per meglio servire e per davvero donare con gioia, formando un cuor solo e un’anima sola: “Abbiate gli stessi sentimenti e un medesimo amore. Siate cordiali e unanimi. Con grande umiltà stimate gli altri migliori di voi. Badate agli interessi degli altri e non soltanto ai vostri. I vostri rapporti reciproci siano fondati sul fatto che siete uniti a Cristo Gesù” (cfr Fil 2, 2-5).
Eliminiamo con coraggio e forza da noi, dal nostro cuore, l’individualismo disgregante. Ogni volontario è chiamato a percorrere un cammino paziente di passaggio dall’“io” al “noi”, dalla ricerca delle “mie cose” alla ricerca delle “cose di Cristo”. La nostra vita fraterna, nell’esercitare la carità di Cristo, deve prendere sempre più coscienza che non ci appartiene, ma che è un dono dello Spirito Santo. Infatti è dall’amore di Dio che nasce e cresce la vita comunitaria del Cenacolo Eucaristico, la nostra bella e grande famiglia. Ma come mettere a disposizione i doni che tutti noi abbiamo ricevuto gratuitamente dal Signore? In un servizio umile e generoso, come ci insegna Gesù, nostro Maestro di vita, che ha capovolto i rapporti di potere e di dominio dando esempio di come servire e mettendosi all’ultimo posto.
Pertanto non dimentichiamo che, durante l’ultima cena, ci ha affidato il nuovo comandamento dell’amore reciproco: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13, 34; cfr 15, 12). Egli ha istituito l’Eucaristia che, facendoci comunicare all’unico pane e all’unico calice, alimenta l’amore reciproco e dona grande gioia nell’esercitare la carità verso coloro che sono nella sofferenza, nel bisogno, nell’indigenza e nella disperazione. Pensate che Gesù pregando intensamente il Padre chiede, come sintesi dei suoi desideri, l’unità, prendendo come modello la Trinità: “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola” (Gv 17, 21).
Allora sì che il nostro servizio diventa arricchente e direi persino gratificante. Non solo, ma tutto ciò testimonia che nel Cenacolo Eucaristico della Trasfigurazione è viva la fede, la speranza e operante l’amore verso il Cristo Gesù presente nel povero, nel debole, nel bisognoso, in coloro che sono venuti meno alla speranza, che hanno fame e sete dell’amore di Dio. Dobbiamo impegnarci nel mostrare ai bisognosi e ai malati la carità e la compassione che Dio ha per essi, a coloro che hanno bisogno di tenerezza, che vivono nel non senso della vita, nell’insidia della droga, nell’abbandono nell’età avanzata o nella malattia, nell’emarginazione o nella discriminazione sociale. I poveri e i sofferenti non hanno bisogno di compassione o di condiscendenza, ma di amore e di aiuto. Noi dobbiamo essere consapevoli che i fratelli e le sorelle bisognosi in qualche modo di noi e del nostro servizio caritatevole gratuito, sono degni di amore; che essi sono doni grandi, meravigliosi, e che riceviamo più da loro di quanto noi siamo in grado di donare.
Questo ci porterà, cari volontari, ad amarli e a servirli. Così facendo Gesù potrà dirci stupendamente: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me” (Mt 25, 40): che meraviglia!
Non dimenticate mai che Dio ama quelli a cui può dare di più, quelli che sono più aperti, quelli che di Lui hanno maggior bisogno e contano su di Lui per tutto: è chi sta più unito a Lui che ama di più il suo prossimo. Al termine della nostra vita, teniamolo sempre presente nel nostro cuore, saremo giudicati sulla carità: su quanto abbiamo amato; non su quanto abbiamo fatto, ma su quanto amore avremo messo in quello che abbiamo fatto. Cristo Gesù è il nostro sostegno e lo Spirito Santo è l’anima della nostra dedizione e della nostra vita. Cristo è la Via che si deve percorrere, è la Verità che si deve dire servendo, la Vita che si deve vivere, l’Amore che si deve amare.
Carissimi, molte cose belle e importanti si possono continuamente fare; cerchiamo però di gareggiare nella carità di Cristo e servire l’uomo come Lui ci ha insegnato. Dove c’è una persona che soffre lì c’è Gesù in attesa del nostro servizio amorevole e compassionevole, senza mormorazioni, ma tutto venga fatto per la gloria del Signore.
Allora l’amicizia, la carità, la disponibilità e la collaborazione, iniziative comuni di servizio e di testimonianza faranno vivere l’esperienza di come è bello che i fratelli vivano insieme (cfr Sal 133 [132]).
A Maria, Madre e Maestra di vita per ciascuno di noi, affidiamo la nostra stupenda missione di volontariato. Lei che ha vissuto la pienezza della carità ci aiuti ad essere caritatevoli. Ferventi nello spirito come Lei, serviamo con gioia il Signore lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera e nella partecipazione all’Eucaristia e alla vita sacramentale, solleciti per le necessità dei fratelli (cfr Rm 12, 11-13).
Grazie fratelli e sorelle per tutto ciò che avete fatto con tanto entusiasmo e per tutto ciò che ancora il Signore vuole fare usandoci come strumenti poveri, fragili, ma preziosi nella Sue mani e forti sotto l’azione potente dello Spirito Santo. È lo Spirito Santo che ha il potere di creare la fraternità e la comunità di vita irraggianti la gioia del Vangelo, capaci di attrarre nuovi fratelli e sorelle che si impegnano a cercare Cristo, ad amare Cristo, a testimoniare Cristo seguendo l’esempio della primitiva comunità: “erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (At 2, 42), “e andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore” (At 5, 14).
L’opera di Dio ha bisogno di voi e di me; compiamola insieme, facciamo qualcosa di bello per il Signore tutti uniti, mediante la nostra totale donazione e la nostra amorosa e gioiosa fiducia nel servizio a Dio attraverso il servizio ai poveri più bisognosi.
Il prossimo è un dono di Dio; i sofferenti, i bisognosi e i poveri sono un dono di Dio: sono il nostro amore!
Don Adriano
Torino 25 settembre 2009