Oltre la sfida. Accogliere con stupore la parola
Il Cenacolo in cammino è una metafora del vivere la comunione fondata in Cristo e diffusa dallo Spirito Santo. Infatti il nostro compito come credenti impegnati nel cammino del Cenacolo non è di convincere chi ci sta accanto della verità rivelata. Questo è il campo dello Spirito della verità: “guiderà (tutti) a tutta la verità” (Gv 16,13). Il nostro dovere più urgente è di convincersi della rivelazione e viverla a pieno. Se ci impegniamo a guardare il mondo e vederlo nella sua interezza, con gli occhi di Dio che si rivela in ogni suo dettaglio, allora siamo autentici. La mancanza di questa autenticità, che è la coerenza tra la nostra fede e il nostro vivere, nasce da una terribile tentazione di voler apparire perfetti. Se è nella conoscenza, voglio dimostrare di sapere quello che so bene, tutto; quindi, mi metto a giurare anche quando facendo ciò divento un mentitore. Giurare non ha nessun potere sugli altri se alle parole non si abbinano le azioni positive. La qualità del nostro annuncio, perciò, non è tanto legata alla capacità di praticare tutto ciò che annunciamo ma alla capacità di pronunciare quelle parole prima di tutto a noi stessi. Occorre vivere più semplicemente, accogliendo con stupore le meraviglie della vita. Quanta fatica facciamo nel tentativo di apparire onesti, giusti, perfetti... ma nessuno lo è se non solo Dio. Così perdiamo la possibilità di crescere e di assomigliare a Dio, perché vogliamo apparire come Lui mentre non lo siamo, anzi, non lo possiamo diventare se non per dono. Solo da perdonati possiamo raggiungere quell’identità di figli che ci è stata proposta.
Quanta est nobis via? Ci sfugge quanto ci resta nel cammino di fraternità e non ci è chiesto di indagare se siamo arrivati alla comunione perfetta o no. Per superare le barriere attorno a noi dobbiamo aprirci alla novità sorprendente che lo Spirito di Dio offre ogni giorno. Vivere questo momento con stupore significa accorgersi dei passi silenziosi dello Spirito che plasma l’uomo nuovo dentro di noi (cf. Ef 2,15).
Per essere credibili, bisogna guardarci dalla tentazione di vivere come una comunità delle élite, dei pochi che si gloriano di aver intrapreso il cammino giusto. Nel vivere da fratelli, papa Francesco ricorda nella sua ultima enciclica, che vi è quella “tentazione delle prime comunità cristiane di formare gruppi chiusi e isolati, San Paolo esortava i suoi discepoli ad avere carità tra di loro «e verso tutti» (1 Ts 3,12); e nella comunità di Giovanni si chiedeva che fossero accolti bene i «fratelli, benché stranieri» (3 Gv 5)” (Fratelli tutti, 62).
La fraternità che ogni giorno tentiamo di costruire nel Cammino del Cenacolo Eucaristico non è quindi da intendere come creare legami tra di noi lasciando fuori gli altri. Il cuore del Cenacolo è Gesù Cristo, quell’uomo-Dio con le braccia aperte per accogliere tutti, specialmente chi nella vita ha sperimentato esclusione di qualsiasi tipo. È una sfida gigantesca, evidentemente! Oltre la sfida, comunque, siamo consolati dal fatto che la fraternità è il progetto di Dio e Gesù ha pregato per questo (cf. Gv 17,21). Rincuorati da questa certezza ripartiamo insieme! Deo Gratias!
Don Nicholas Kirimo