La preghiera di Simeone (parte 4)
5. “Luce per rivelarti alle genti” (2,32). Pregare è aprire gli occhi alla luce
Dopo aver visto come ha pregato Simeone e perché dal suo cuore è nata quella preghiera, chiediamoci come la nostra preghiera si modella sull’esempio della sua. E’ viva in noi l’attesa della salvezza, il desiderio di vedere la gloria del popolo di Dio e la luce delle genti? «Signore, il mio desiderio di te, della tua gloria, della luce delle genti, della giustizia, della verità e della pace è davvero così grande da tormentarmi come tormentò Simeone?». Viene spontaneo accostare al cantico di Simeone la supplica notturna di san Domenico. “Quando era in preghiera, gemeva così forte che lo si sentiva da ogni parte. Gemendo diceva: “Signore, abbi pietà del tuo popolo. Che ne sarà dei peccatori?”. E così passava le notti insonne, gemendo e piangendo per i peccati degli altri” (Deposizione di Guglielmo II Peyronnet, Processo di Tolosa). Se facciamo spazio al silenzio, questo grido del cuore, pieno di desiderio, certamente sgorgherà da noi: «Signore, vieni! Signore, illumina! Signore, sii gloria del tuo popolo! Signore, fa’ che vediamo il tuo Volto! Fa’ che contempliamo in mezzo a noi la tua giustizia e la tua verità».
Dal desiderio scaturisce la grazia dell’apertura degli occhi:
«Apri i miei occhi, o Signore, perché io veda i segni della tua salvezza in mezzo a noi, perché nella mia vita, nella mia esperienza di Chiesa, nella preghiera, nei Sacramenti, nell’esperienza dei fratelli, nell’esperienza dello Spirito Santo che ci riempie il cuore, nella forza della Parola viva che ci viene trasmessa, io sappia vedere, o Signore, il segno della tua salvezza: questo Bambino da abbracciare con tutto il cuore, questa novità della mia vita. Signore, fa’ che io non chiuda gli occhi dicendo: "Questo Bambino non c’è, questa salvezza non c’è, questa novità non esiste". Aprimi gli occhi perché io veda e comprenda come la tua salvezza è
in mezzo a noi, e che basta aprire le braccia per poterla stringere al nostro cuore».
“Domandiamoci, ancora, che cosa significhi per noi aprire gli occhi; che cosa significhi per me superare le abitudini, i giudizi diffidenti e banali sulle cose, sulle situazioni, sulle persone, e scoprire invece la novità di Dio, scoprire la sua verità, la sua gioia, la potenza del suo amore. E scoprirlo al di là delle apparenze e delle sofferenze, al di là di tutto ciò che ci può annebbiare gli occhi e la vista. Così nascerà anche in noi la preghiera della contemplazione e della gratitudine e la nostra vita sarà salvezza e luce per tanti che la attendono” (Carlo M. Martini, ibid., pag 129).
Padre Domenico Marsaglia