Speranza nella sofferenza
Sono affetta da una rara malattia genetica chiamata “displesia ossea epifisaria multipla” di cui era portatore mio padre. Sono la prima di quattro figli e sono l’unica malata, mentre i tre maschi sono portatori sani.
Quando ero bambina cadevo frequentemente, ma nessuno faceva caso perché si riteneva la cosa abbastanza normale. All’età di 12 anni, con lo sviluppo, accusai i primi gravi sintomi: deformazione alle ossa degli arti con problemi di deambulazione; le ossa perdevano capacità di movimento.
Quando cadevo i miei compagni mi deridevano; invece mia mamma era disperata. Un sacerdote di Roma, che aveva capito la gravità della situazione, fece ricoverare gratuitamente in un ospedale di Roma tutta la mia famiglia, sei persone, al fine di eseguire degli studi di genetica. Il prof. Gedda fu il primo genetico che studiò questo caso scoprendo la “displesia ossea epifisaria multipla” per la quale non ci sono cure specifiche.
Sognavo tuttavia una vita normale; mi sono sposata e ho avuto due figlie.
Dopo quindici anni di matrimonio, quando le mie figlie avevano 10 e 14 anni, fui costretta a divorziare a causa di un clima familiare insopportabile.
Fui temporaneamente accolta dai miei genitori, ma con il passare degli anni, la mia situazione di salute andava sempre peggiorando e ho dovuto affrontare diversi interventi chirurgici.
Quando sono andata in pensione il Signore mi fece incontrare una persona comprensiva e buona che mi sostiene, mi aiuta e mi ha anche accompagnata alla celebrazione di capodanno nel Monastero di Casanova.
Intanto mi avvicinai alla fede; da tre anni partecipo alle celebrazioni eucaristiche presiedute da don Adriano nel Monastero perché quando sono in quel luogo mi sento molto meglio e le sue parole di speranza, di conforto e di incoraggiamento sono state per me veramente determinanti.
Prima di sottopormi all’ultimo difficile intervento chiesi a don Adriano preghiere per il buon esito. Tutto andò bene e al controllo finale il medico mi ha confermato che era tutto a posto.
Ora sono diventata nonna di una bimba e questo mi rende felice.
Non ho ricevuto un miracolo per le mie condizioni di salute, ma il Signore mi ha donato molto: la forza e l’aiuto necessario per accettare la malattia con serenità, per convivere con i miei limiti e con il dolore accettando di sottopormi agli interventi chirurgici senza perdere la voglia di vivere e di lottare.
Pertanto ringrazio il Signore per la sua bontà e ringrazio don Adriano per le sue preghiere di intercessione.