Bruno Poy, ricordo di un uomo gentile
Il 24 agosto 2016 un amico fraterno, per me un padre, Bruno Poy di Vercelli, avvocato epolitico italiano, rientrò dalle ferie una settimana in anticipo. Avvertiva dolori nella zona lombare,il suo viso si era fatto giallastro. Subito si pensò a calcoli renali. Si trattava però di un cancro alle vie biliari, ritenuto inoperabile. A settembre i primi ricoveri al ‘Mauriziano’ di Torino: un andirivieni di sette mesi, in una disperata lotta a colpi di stent protesici contro i valori altissimi di una bilirubina che impedì la chemioterapia. Dopo Natale, la situazione degenerò.
Gli parlai di due sacerdoti speciali che mi avevano sostenuto nella fede in momenti difficilissimi. Volle incontrarli. Il primo fu don Vincenzo Macchioda: venne subito in ospedale recandogli il conforto del Signore.
Il secondo è don Adriano Gennari che, già in passato,da potente intercessore qual è presso Gesù, mi aveva aiutato. Pregò su Bruno. Tutti noi presenti avvertimmo un gran calore fuori e dentro, quando invocò con potenza lo Spirito Santo e pregò la Madonna. “Costui è un santo. Ho sentito il suo profumo appena è entrato”, mi disse Bruno, in disparte. Don Adriano lo prese a cuore, andò a trovarlo spesso, pregando per lui e telefonandogli ogni giorno con parole che sanno di amore di Dio grazie alle quali Bruno lottò e si affidò al Signore ancor più intensamente, tornando persino al lavoro sino all’ultimo. Desiderava guarire e spendere il resto della sua esistenza per i più disagiati. Era un uomo di grande fede, buono e generoso, che in quasi 40 anni di carriera aveva patrocinato cause di decine di indigenti gratuitamente, spinto solo da un innato senso di giustizia. Faceva persino dormire i senzatetto nei locali del suo studio legale in centro a Vercelli, dandogli anche da mangiare; li voleva sempre al suo tavolo, nonostante per la gente fosse l’avvocato di grido dei ricchi, potenti e famosi.
Domenica 12 marzo fu la sua ultima messa, la seconda officiata da don Adriano cui assistette in vita sua. La sua unica volta al Monastero Abbaziale di Casanova, proprio nella solennità della Trasfigurazione: un segno del Cielo. Pregò, si comunicò, pianse. Partì alla volta del Padre alle idi di marzo, il 15 di quel mese. Lascia la moglie Monica, donna operosa e innamorata di Dio, e un figlio seminarista che svolge anche il suo servizio di volontariato al Cottolengo che chiamò Caio (come il Santo Papa patrono di Palazzolo Vercellese, di cui fu più volte sindaco).
Grazie alle preghiere di don Adriano, ha avuto una degenza serena. Se n’è andato senza soffrire, in grazia di Dio,così come ha sempre vissuto. E questo è il miracolo più grande. Il secondo? Dopo la sua malattia, ho iniziato un cammino di fede accanto a don Adriano, mettendo al servizio della sua missione la mia attività di giornalista. Grazie,Gesù!
Il 21 giugno prossimo Bruno avrebbe compiuto 62 anni; al posto delle candeline, questa volta ci sarà la Luce del Signore. Buon compleanno, amico vero. Amico sincero.
Maurizio Scandurra
Torino, 07/05/2017